San Francesco Antonio Fasani, primo Santo della Capitanata
Novembre 2015 |
Missione diocesana a Troia dal 13 al 15 novembre 2015
Biografia del Santo
San Francesco Antonio Fasani, noto anche come Padre Maestro (Lucera, 6 agosto 1681 – Lucera, 29 novembre 1742), è stato un presbitero, filosofo e teologo italiano, appartenente all'Ordine dei Frati Minori Conventuali. Venerato dalla Chiesa cattolica, il 13 aprile 1986 è stato proclamato santo da papa Giovanni Paolo II; la sua memoria liturgica viene celebrata il 29 novembre, anniversario della morte. Primo santo di Capitanata, viene invocato dai fedeli come "Il santo della pioggia". I suoi resti, ricoperti di cera, sono venerati, in un'urna di cristallo e bronzo, sotto l'altare maggiore della chiesa di San Francesco d'Assisi, basilica santuario di San Francesco Antonio Fasani di Lucera. I suoi genitori, umili e modesti lavoratori, Giuseppe Fasani e Isabella Della Monica, lo allevarono in una piccola casa di via Torretta, sita nel quartiere antico di Lucera, che venne illuminata da un insolito chiarore e che suscitò meraviglia e stupore nel vicinato. Fu battezzato il 10 agosto 1681 in cattedrale da don Vito Antonio Di Dionisio, con i nomi di Donato Antonio Giovanni Nicolò, ma fu subito chiamato da tutti Giovanniello. La sua era una famiglia povera, ma dedita alla preghiera, dove si recitava il rosario in ginocchio dinanzi all’immagine dell’Immacolata. Quando Giovanniello era ancora piccolo, il padre morì e sua madre Isabella passò a terze nozze con Francesco Farinacci. I coniugi gli diedero un fratello e una sorella e, di comune accordo, vollero mantenere il bambino agli studi, permettendogli di frequentare il convento di San Francesco per le lezioni di Padre Milani, sperando di risolvere così i problemi economici della famiglia. Giovaniello studiava con grande impegno ma, pur sapendo che avrebbe deluso le aspettative dei familiari, non nascose la sua predilezione verso la vita conventuale. Difatti, ancora adolescente, il 23 agosto 1695 entrò nel noviziato dei Frati Minori Conventuali di Monte Sant’Angelo, prese il nome di Francesco Antonio, come atto devozionale ai due grandi santi dell'ordine, e il 23 agosto 1696 vi emise la professione solenne con i voti di povertà, castità e obbedienza. Lasciò Monte Sant'Angelo e, per una notte,
tornò nella sua casa, a Lucera, prima di partire per Venafro. Frate Francesco Antonio, dopo gli studi a Venafro, passò ad Alvito, a Montella, ad Aversa per filosofia, ad Agnone per teologia ed infine a Napoli dove fu ordinato Suddiacono. Fu durante questi viaggi che, ad Isernia nel 1696, incontrò per la prima volta il novizio Antonio Lucci, che ritrovo l'anno seguente nel corso di studi letterari a Venafro. Si strinse fra i due un profondo rapporto di sincera amicizia, che li portò a proseguire insieme il cammino verso il sacerdozio. Consigliato dall’amico di studi, Antonio Lucci, Francesco Antonio chiese al padre generale di essere mandato ad Assisi per laurearsi assieme al Lucci. La richiesta fu accettata e i due partirono per il lungo viaggio, che li mise di fronte alla reale situazione politica del Regno di Napoli. Lucci da sempre più aperto e speranzoso si contrapponeva al Fasani più timido e preoccupato. Fu proprio durante questi piccoli battibecchi che il Fasani avrebbe risposto al Lucci: "Di' pure quello che ti pare, tanto sarò santo prima di te". I due amici arrivarono ad Assisi nel 1704 e, dopo un anno di formazione, sotto la guida del direttore spirituale, il Servo di Dio Giuseppe A. Marcheselli, furono ordinati sacerdoti il 19 settembre1705. Il giorno seguente frate Francesco Antonio celebrò la sua prima Messa sulla tomba di San Francesco. Passato a Roma nel collegio di S. Bonaventura, ritornò ad Assisi nel 1707 e predicò il suo primo quaresimale presso Palazzo, un borgo nei pressi della città francescana. Un testimone riferisce: «Predicava con un fervore sensibile, in modo che imprimeva nell'anima degli ascoltatori le verità che annunciava... Parlava della Santa Madre di Dio con un tal trasporto di devozione, una tale tenerezza ed un'espressione del volto talmente affettuosa, che sembrava aver avuto un colloquio faccia a faccia con Lei». Nel luglio di quello stesso anno fu destinato alla comunità di Lucera, per insegnare filosofia ai giovani del convento, mentre Antonio Lucci, dopo vari insegnamenti, nel 1718 fu eletto ministro provinciale dell'Ordine nella provincia di S. Angelo. Arrivato a Lucera sul finire del 1707, frate Francesco Antonio fu subito accolto tra i Minori Conventuali del convento di Lucera, dove manifestò subito il suo ardore serafico e lo zelo apostolico, con vita di penitenza e povertà, tanto da sembrare un "San Francesco Redivivo". Chiese una lista dei più poveri della città ed incitò i confratelli a fare digiuni, penitenze e rinunce. Il superiore del convento, visti i carismi del giovane frate, lo presentò al vescovo di Lucera, Domenico Morelli, per chiedergli le facoltà necessarie per l'apostolato del confessionale. Il vescovo, colpito dall'aspetto giovanile del frate (27 anni), fu riluttante e negò il permesso. I due frati si allontanarono, ma ben presto il vescovo fu colto da improvvisi malori, che gli fecero temere perfino la morte; fece richiamare in fretta i due religiosi e, concesse al Padre Maestro la facoltà di confessare. Il malore scomparve all'improvviso. Il 27 giugno 1709 frate Francesco Antonio sostenne l'esame in sacra teologia e venne proclamato "dottore e maestro", e da allora venne chiamato dai confratelli e dal popolo, e così viene chiamato ancora oggi, familiarmente "Padre Maestro". Dal 1709, per tre anni, si ritirò per un periodo di solitudine presso Alberona, dove fu Superiore nell’eremo di San Rocco. Qui, oltre ad essere occupato nel sacro ministero, provvedeva anche alla scuola dei ragazzi del popolo. Fu costretto a lasciare l'eremo nel 1712, quando fu nominato guardiano e maestro dei novizi, e successivamente Superiore del convento di Lucera, dove istituì una mensa per i poveri, chiedendo frequentemente offerte alle famiglie nobiledel tempo: Zunica, de Nicastri, Ramamondi e Lombardo. Continuò comunque il suo apostolato in tutta la Daunia e nel Molise: Foggia, San Severo, Manfredonia, San Marco in Lamis, Bovino, Troia, Agnone, Campobasso e tanti altri paesi, meritandosi l'appellativo di "apostolo di Capitanata". I suoi sermoni erano spesso incentrati sulla carità nei riguardi dei poveri. Un giorno, di ritorno a Lucera, un mendicante seminudo gli chiese qualche vestito per coprirsi. Padre Francesco Antonio si spogliò dei suoi vestiti principali e tornò in convento coperto del solo saio. Nel febbraio del 1716, fu trasferito al convento di Troia, e, dopo un breve soggiorno, ritornò a Lucera. Il suo apostolato a Lucera si divideva fra i poveri della città (fra le varie iniziative, promosse la simpatica usanza di raccogliere e distribuire pacchi-dono ai poveri in occasione del S. Natale e inoltre compilava un registro dei poveri del dare e dell'avere, come se fosse una sorta di "Banchiere dei poveri"), l'assistenza ai carcerati e ai condannati a morte che accompagnava personalmente fino al luogo del supplizio per confortarne gli estremi momenti (ciò non sfuggi al popolo che l'appellava quale "frate della forca"), e l'aiuto al Convento di Santa Caterina di Lucera, in qualità di confessore delle suore celestine di clausura. Il 1º giugno 1720, con speciale Breve di Clemente XI, fra' Francesco Antonio venne nominato Ministro Provinciale della provincia religiosa conventuale di S. Angelo, che in quel tempo si estendeva dalla Capitanata al Molise, succedendo all'amico Antonio Lucci che venne mandato a Napoli come reggente generale e nel 1729 a Bovino come vescovo. Nel triennio in cui occupò la carica, il Padre Maestro fece trasferire il noviziato da Monte Sant'Angelo a Lucera. Dal 1726 al 1729 il Padre Maestro fu nuovamente guardiano del convento di Lucera. Negli anni successivi divenne direttore spirituale del monastero della Santissima Annunziata di Lucera e fu proprio qui che sì adoperò per liberare una donna indemoniata, che le suore avevano abbandonato. Dopo aver pregato per giorni, col consenso del vescovo Liguori, condusse a piedi la donna da Lucera a Bovino, dall'amico vescovo Antonio Lucci. Testimoni riferiscono che, nel santuario di Valleverde, l'ossessa fu liberata "vomitando dentro una borsetta che si ruppe nel cadere, chiodi, capelli e certi pallini di piombo". A seguito del violento terremoto di Foggia del 20 marzo 1731, il tempio trecentesco di San Francesco subì numerosi danni. Il più imponente fu il crollò del primo altare della parete destra, anche se inspiegabilmente, in mezzo alle macerie, fu ritrovato intatto il simulacro cinquecentesco dell'Ecce Homo. Padre Francesco Antonio non si scoraggiò e riuscì a raccogliere i soldi necessario per il restauro decoroso dell'intera chiesa, centro per quasi trentacinque anni continui della sua indefessa attività sacerdotale, che fu riconsacrata il 19 aprile 1739 dall'amico vescovo Antonio Lucci. Nel 1734 il Padre Maestro impedì ad un patrizio di abusare di una giovane orfana. Il patrizio, per vendicarsi, alimentò dicerie sul suo conto, tant'è che il frate fu convocato a Roma da papa Clemente XII. Il Fasani ascoltò i rimproveri senza aggiungere parola e nell'andarsene baciò il piede e pose le mani sulle ginocchia del Papa, che da anni soffriva di dolorosi attacchi di gotta. Clemente XII sentì subito cessare ogni dolore e, comprendendo che il Padre Maestro non aveva alcuna colpa, lo benedisse e lo rimandò nella sua Lucera. Nuovamente guardiano del convento, nel maggio 1742, a 35 anni dal suo ritorno a Lucera, il Padre Maestro, sentendo vicina la fine, durante il Capitolo che si tenne a Campobasso, si congedò dai padri della provincia, e in seguito iniziò ad avvisare i frati e i devoti di ciò che sarebbe accaduto, invitandoli a pregare per la sua anima. Il 22 novembre, chiamato ad assistere un moribondo, incurante del freddo e del vento, tornò al convento con decimi di febbre. Il giorno seguente, dopo aver confessato per alcune ore, barcollando, crollò. Era vicina la morte. Il medico che lo visitò in cella, gli comunicò la triste notizia, ma lui, sorprendendo tutti i presenti, sorrise di gioia e ringraziò il medico per la bella notizia che gli aveva appena dato. Il 29 novembre 1742, al tramonto del primo giorno della novena dell'Immacolata, nella sua umile cella, con l'immagine della Vergine e il crocifisso fra le mani, Padre Maestro morì a Lucera all'età di 61 anni. Tutta la città di riversò nella chiesa di San Francesco, al grido: "È morto il santo! È morto il santo!" Per tre giorni il suo corpo rimase esposto nella chiesa e molti fedeli ne approfittarono per strappare dal feretro pezzi di stoffa e perfino il crocifisso. Grazie a queste reliquie, dal giorno della sua morte e negli anni successivi, numerose furono le grazie e le guarigioni che i fedeli sostennero di ricevere. Ai suoi funerali parteciparono centinaia di persone. Venne sepolto nella sua chiesa e, data la fama di santità, quattro anni dopo il transito, fu aperto il processo di beatificazione, ma sarà proclamato beato solo nel lontano 8 dicembre 1854 da papa Pio IX, e canonizzato, come accennato, il 13 aprile 1986 da papa Giovanni Paolo II. (notizie tratte da Wikipedia)
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Link utili:
Omelia di Papa Giovanni Paolo II in occasione della canonizzazione del Padre Maestro
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