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Lettera aperta al Magnifico Rettore prof. Volpe

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Agosto 2011
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La recente, apprezzabile, intitolazione della Biblioteca della Facoltà di Agraria dell’Università di Foggia al compianto professor Antonio Pellegrino –stimato medico e apprezzato presidente dell’Amministrazione provinciale di Foggia– riapre, a parere del sottoscritto, il problema dell’intestazione di strutture culturali a uomini insigni della Capitanata.

Il professor Pellegrino non è stato soltanto un professionista prestato alla politica; ha dedicato allo sviluppo di Foggia e della sua provincia tutte le notevoli risorse culturali di cui era dotato. Ha agito, sempre, orientando le sue scelte alla stella polare della cultura, consapevole che solo in questo modo si potesse sperare di portare la Capitanata tutta fuori dalla condizione di stand bay in cui è precipitata negli ultimi decenni.

Avergli intitolato una «tessera» significativa del grande mosaico che è l’Università di Foggia, fa onore a coloro che hanno preso la lodevole iniziativa, oltre che allo stesso professor Pellegrino.

Ma quanti uomini di cultura, e non, hanno onorato la Capitanata anche prima dello stimato medico foggiano, senza averne ricevuto in cambio adeguato riconoscimento che non sia la memoria dei propri concittadini? Sono ancora tanti.

E tra i tanti vorrei segnalare – non per la prima volta, purtroppo – la figura di Donato Menichella, economista originario di Biccari, che assurse alla carica di Governatore della Banca d’Italia nel periodo più difficile per il nostro Paese: il primo dopoguerra, gli anni della ricostruzione. In questa carica seppe riportare la nostra moneta nell’alveo di una normalità che a quei tempi sembrava impossibile da raggiungere: ciò fece meritare, nel 1960, alla lira il prestigioso «Oscar» quale valuta più stabile al mondo e allo stesso Menichella l’Oscar quale most successful central banker. Riconoscimenti entrambi assegnati dal Financial Times.

Menichella guidò con perizia e fermezza la rinascita, sedette nelle più prestigiose assemblee mondiali, sempre tenendo ben preciso l’obiettivo di accreditare l’Italia e agevolarne gli aiuti per la ripresa.

Era stato anche direttore dell’IRI e fondatore della Cassa per il Mezzogiorno.

Fu uomo schivo: sempre rinunciò agli incarichi politici che gli venivano offerti, convinto che l’aiuto alla sua patria dovesse giungere esclusivamente adoperandosi dalla delicata postazione professionale cui era stato chiamato succedendo al «grande» Luigi Einaudi. Seppe dire di no alla proposta di nomina a senatore a vita, rinunciò all’incarico di ministro del Tesoro e di Capo dello Stato.

Il mio auspicio è sempre stato quello che a Menichella l’Ateneo foggiano dedicasse una sua parte significativa, se non addirittura l’intera struttura universitaria. La Facoltà di Economia sarebbe quella più prossima agli interessi ed all’operato dello studioso biccarese.

È auspicabile che si giunga alla determinazione di considerare Donato Menichella in una prossima iniziativa che l’Università vorrà intraprendere, per rendere merito e giustizia ad un uomo che ha onorato il suo Paese ma, soprattutto, ha onorato l’intera Capitanata.

Giancarlo Roma

Presidente Associazione culturale

«Icaro» - Foggia

 

 

Nato a Biccari (Fg) il 23 gennaio 1896 da genitori contadini, Donato Menichella dopo aver completato gli studi superiori al Regio Istituto Tecnico “Pietro Giannone”, fu iscritto all’Istituto di Scienze Sociali “Cesare Alfieri” di Firenze dove conseguì la laurea, ma solo al suo rientro dall’Albania, Paese in cui aveva preso parte al primo conflitto mondiale.

Una Borsa di studio per ex combattenti gli consentì di lavorare presso l’Istituto Nazionale per i Cambi con l’Estero: dopo appena un anno fu assunto dalla Banca d’Italia.

Menichella è considerato uno dei più grandi economisti italiani del secolo scorso, protagonista della ricostruzione del Paese nel dopoguerra, custode severo delle sorti della lira che guidò ed orientò in un periodo in cui l’inflazione viaggiava al ritmo del 7,5% al mese e del 90% all’anno.

Da Governatore della Banca d’Italia (dopo esserne stato Direttore generale dal 1946 al 1948), seppe riportare la nostra moneta nell’alveo di una normalità che a quei tempi sembrava impossibile da raggiungere: ciò fece meritare, nel 1960, alla lira il prestigioso “Oscar” quale valuta più stabile al mondo e allo stesso Menichella l’Oscar quale most successful central banker. Riconoscimenti entrambi assegnati dal Financial Times.

Nell’incarico di Governatore della Banca centrale italiana rimase, come già detto, dal 1948 al 18 agosto 1960, anno in cui fu costretto a dimettersi per motivi di salute. Era succeduto a Luigi Einaudi, diventato nel frattempo Presidente della Repubblica.

Ma la carriera di grande economista di Donato Menichella ha segnato altre significative tappe: dal 1934 al 1943 fu Direttore generale dell'IRI, Istituto che aveva contribuito a fondare negli anni Trenta; dette un apporto decisivo alla stesura della legge bancaria del 1936, legge rimasta in vigore fino al 1993; nel 1947 accompagnò l’allora Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi negli Stati Uniti, ottenendo un finanziamento di 100 milioni di dollari, il primo prestito di carattere commerciale che l'Italia ottenne nel dopoguerra, fondamentale per l’opera di ricostruzione del Paese dopo le rovine della seconda guerra mondiale; nel 1950 ideò la Cassa per il Mezzogiorno.

La competenza ed il rigore morale e professionale di Donato Menichella furono decisivi per accompagnare l’Italia dalle rovine della guerra al boom economico degli anni Sessanta. Persona molto riservata e discreta non si è mai offerto alle cronache se non per i risultati del suo lavoro, negandosi sempre a qualsiasi intervista. Ha rifiutato offerte per incarichi politico-istituzionali: seppe dire di no alla proposta di nomina a senatore a vita, rinunciò all’incarico di ministro del Tesoro e di Capo dello Stato.

La rigorosa coerenza che ha caratterizzato la sua vita è testimoniata, tra l’altro, dalla sua richiesta di dimezzamento della pensione da Governatore (richiesta che venne soddisfatta) e dall’autoriduzione dello stipendio quando era Direttore generale dell’IRI.

Davvero una figura di uomo esemplare che oggi stenteremmo a collocare nella nostra epoca ed in questa società.

Morì a Roma il 23 luglio 1984.

Tra i riconoscimenti più recenti, ricordiamo un monumento che gli ha dedicato la sua città natale, Biccari, ed il Sigillo d’oro alla memoria che nell’ottobre del 2007 è stato consegnato ai suoi figli Irene e Franco dall’Università degli Studi di Foggia.

Naturalmente numerose sono le piazze, le strade, le scuole, i Premi a lui intestati.

E’ allo studio la possibilità di istituire una Fondazione “Donato Menichella”.

 

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