IMBRUNO, L’ESTRO SENZA PATRIA
Maggio 2012 |
Con i video registrati dall’autore di questo articolo in occasione del Concerto di Matteo Imbruno tenuto il 12/05/2012 nella Chiesa di S. Croce in Bari.
Sarà un accorato, sontuoso e coinvolgente canto d’amore per la sua “terra madre”, quello che stasera uscirà dalle imponenti canne d’organo nell’affascinante cornice romanico pugliese della Basilica Cattedrale di Troia.
Matteo Imbruno è emozionato. E’ titolare ad Amsterdam del grande organo della Oude Kerk, il duomo più celebre d’Olanda. Ricopre da 15 anni lo stesso prestigioso incarico che, fino al 1621, fu del grande musicista Jan Pieterszoon Sweelinck. E’ un organista di fama internazionale, i suoi concerti sono contesi nel mondo intero, incide dischi ed è professore ospite presso il Conservatorio di Buenos Aires e l’Università di Rosario e Mendoza in Argentina.
Ma, come confessa con travolgente carica di simpatia e dignitosa “vena” di umiltà: “Mi tremano i polsi e le gambe a suonare tra la mia gente, in questa magnifica Cattedrale e circondato da un indescrivibile mare di affetto”.
Matteo Imbruno, nato 48 anni fa a Pietramontecorvino (Fg), piccolo centro dell’entroterra dauno. E’ un estro italiano “senza patria”. La sua storia tocca corde nascoste di sensibilità nazionale ed è canovaccio, nient’affatto grezzo, di una sceneggiatura senza confini, e dal finale ancora tutto da scrivere. La passione gli ha fatto perdere la cittadinanza italiana. Un dramma, ma andiamo con ordine.
La nemesi lo vuole figlio di un falegname che “suonicchiava” diversi strumenti, e a cui toccò l’ingrato compito della messa al macero del ”vecchiume”, compresi i malandati organi delle chiese del paese, dettato dalla frenesia modernista del parroco dell’epoca: don Paolo Stizza. Da allora, infatti, a Pietramontecorvino non c’è un organo degno di questo appellativo.
Il primo impatto con la cosiddetta “musica alta” è conservato nel ricordo del sufficiente distacco con cui un’amica d’infanzia gli fece pesare quella mancanza di passione, sorprendendolo con l’ascolto di una cassetta: la Sinfonia n. 40 di Wolgang Amadeus Mozart e la Toccata e fuga in Re minore di Johan Sebastian Bach. E col primo ingresso a bocca aperta nel suggestivo Teatro Petruzzelli a Bari, dove il padre lo portò con sé in occasione di un “Barbiere di Siviglia” di Gioacchino Rossini.
Ben presto scoprirà una certa dote con la predisposizione spontanea all’esecuzione di brani, prim’ancora di saper leggere la musica. Accompagnata da una sorta di precocità nel movimento autonomo delle mani lungo la tastiera. Anche se il “Carnevale di Venezia”, eseguito senza spartito, non piacque alla suora del paese che avrebbe dovuto introdurlo allo studio della musica.
La parata di canne d’organo nell’aula del Conservatorio di Foggia, dove nascerà il sodalizio col Maestro Di Lernia (odierno Direttore dello stesso Conservatorio) e l’impatto successivo col suono antico, dell’organo storico della Chiesa di San Petronio a Bologna, segneranno la decisione di affrontare l’esame di ammissione con un Preludio di Bach e una Sonatina di Clementi.
Esame superato brillantemente, ma la lettera di ammissione rimarrà a lungo nascosta nella gonna di una madre traboccante d’attenzioni che, come tante madri del Sud, era restia al distacco da un affetto così caro. Comincerà più tardi a frequentare il Conservatorio foggiano, ma la voglia di evasione, espressa di getto sulla tastiera, lo porterà ben presto in Olanda, dove ricomincerà un percorso di studi più complesso e articolato ai Conservatori di Rotterdam e di Utrecht, fino al conseguimento del diploma, attraverso repertori barocco rinascimentali e negli ultimi due anni anche contemporanei.
Uno dei suoi docenti ed estimatori era l’organista della Casa Reale d’Olanda, che lo proporrà alla Fondazione della Oude Kerk di Amsterdam. Per l’incarico bisognava acquisire la cittadinanza olandese e Matteo lo fece. Con il lamento della madre nelle orecchie, che al telefono gli ripeteva: “Prima Foggia, poi l’Olanda. Che è, te ne vuoi andare in America?”
Matteo non lo sapeva, ma l’Italia insieme alla Germania non ha mai recepito la normativa europea estensiva, a proposito di doppia cittadinanza. Per cui, quando alla scadenza del suo passaporto italiano si è recato in Ambasciata per il rinnovo, la risposta del funzionario è stata scioccante: “Ma lei non è più italiano!”
Un turbolento sconvolgimento di sentimenti, degno del più maestoso e travolgente passaggi al più riottoso dei suoi organi. Chiama il padre in Italia tra le lacrime, per dirgli ancora incredulo: “Papà, non sono più italiano”. E ricevendo la più confortante delle risposte, ricca di orgoglio e nel contempo di tanta amara speranza: “Non disperare, Matteo. Servirà a farti apprezzare ancora di più!”
E’ tempo di saldare il conto con la caparbia perseveranza di un talento. Matteo Imbruno, orgoglio italiano all’estero, non può e non deve ulteriormente non potersi dire: Italiano!
Jan Pieterszoon Sweelinck (1562-1621) Ballo del Granduca, Echo fantasia in re
Heinrich Sheidemann (1596-1663) Benedicam Domino, da un mottetto di H. Praetorius.
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