In ricordo di zia Lella Borrelli
News - Maggio 2016 |
Una donna indipendente ed emancipata
La giornalista-scrittrice avellinese di origini troiane, Marika Borrelli, premio Rosone d’Argento 2015, ha pubblicato un suo ricordo della zia Lella (Raffaella Borrelli) scomparsa il 23 marzo. Falina, come affettuosamente veniva chiamata la zia Lella, qui a Troia è stata una donna che, in anticipo sui tempi, ha vissuto la sua vita senza farsi imporre condizionamenti di sorta. Ma lasciamo alla nipote Marika raccontarla:
É la dolce vita che sa d’infanzia per tutti noi.
Quando Lella ci faceva giocare con il contenuto del suo beauty case, stracolmo di trucchi.
O quando ci raccontava delle sue prodezze al volante. Si sciroppava cento kilometri solo per prendere un caffè qui da noi e tornarsene a casa. La casa dov’era nata e dove purtroppo non è morta. La stessa casa che ci accoglieva durante le vacanze. Grande, speciale, piena di tesori e piccoli segreti, tipo la dispensa dei dolci e delle frittelle.
Faceva scandalo nel suo paesone pugliese, un razzo al volante, una single per scelta, dopo che suo padre (mio nonno) le vietò di sposarsi sedicenne (l’età in cui venne scattata la foto di copertina).
Barattò sicura la dote per un’istruzione alta per una ragazza di quei luoghi e per quei tempi. Volle lavorare. Era indipendente: economicamente e soprattutto intellettualmente.
Sapeva cantare, recitare, disegnare, sparare con il fucile. Sapeva andare a cavallo e destreggiarsi abile su tacchi altissimi. É stata la prima in quasi tutto, come donna, come figlia, come sorella.
Lella era affascinante. Leggeva i giornali di moda, comprava dischi ed ellepì. Mi fece conoscere Joan Baez. Amava la moda, lo chic, il glamour. Il suo scrigno di gioie era misterioso e fantastico come una fiaba.
A me piaceva l’anello con le pietre blu e azzurre disposte a cerchi concentrici. “Un giorno lo lascerò a te”, diceva per farmi sentire una principessa.
Me lo ripeté anche poche settimane fa, quando andai a baciarla per l’ultima volta da viva, nel suo letto d’ospedale.
“Lella, ti faccio una foto!”
“Aspetta, mi aggiusto i capelli.”
“Capelli vaporosi, per una vita più frizzante”, sorrideva, mentre, nel ripetere questa frase, ravvivava con le dita i suoi riccioli, una volta di un bel rosso ramato ad incorniciare il verde dei suoi occhi.
Che donna, Lella. Mia zia.
L’indipendenza e l’ostinazione me le hai insegnate tu.
Marika Borrelli
“That it will never come again is what makes life so sweet.”
("Ciò che non potrà ritornare è quel che rende la vita cosi tenera.")
Emily Elizabeth Dickinson, poetessa statunitense (10 dicembre 1830-15 maggio 1886)
La giornalista-scrittrice avellinese di origini troiane, Marika Borrelli, premio Rosone d’Argento 2015, ha pubblicato un suo ricordo della zia Lella (Raffaella Borrelli) recentemente scomparsa (23 marzo). Falina, come affettuosamente veniva chiamata la zia Lella, qui a Troia è stata una donna che, in anticipo sui tempi, ha vissuto la sua vita senza farsi imporre condizionamenti di sorta. Ma lasciamo alla nipote Marika raccontarla:
É la dolce vita che sa d’infanzia per tutti noi.
Quando Lella ci faceva giocare con il contenuto del suo beauty case, stracolmo di trucchi.
O quando ci raccontava delle sue prodezze al volante. Si sciroppava cento kilometri solo per prendere un caffè qui da noi e tornarsene a casa. La casa dov’era nata e dove purtroppo non è morta. La stessa casa che ci accoglieva durante le vacanze. Grande, speciale, piena di tesori e piccoli segreti, tipo la dispensa dei dolci e delle frittelle.
Faceva scandalo nel suo paesone pugliese, un razzo al volante, una single per scelta, dopo che suo padre (mio nonno) le vietò di sposarsi sedicenne (l’età in cui venne scattata la foto di copertina).
Barattò sicura la dote per un’istruzione alta per una ragazza di quei luoghi e per quei tempi. Volle lavorare. Era indipendente: economicamente e soprattutto intellettualmente.
Sapeva cantare, recitare, disegnare, sparare con il fucile. Sapeva andare a cavallo e destreggiarsi abile su tacchi altissimi. É stata la prima in quasi tutto, come donna, come figlia, come sorella.
Lella era affascinante. Leggeva i giornali di moda, comprava dischi ed ellepì. Mi fece conoscere Joan Baez. Amava la moda, lo chic, il glamour. Il suo scrigno di gioie era misterioso e fantastico come una fiaba.
A me piaceva l’anello con le pietre blu e azzurre disposte a cerchi concentrici. “Un giorno lo lascerò a te”, diceva per farmi sentire una principessa.
Me lo ripeté anche poche settimane fa, quando andai a baciarla per l’ultima volta da viva, nel suo letto d’ospedale.
“Lella, ti faccio una foto!”
“Aspetta, mi aggiusto i capelli.”
“Capelli vaporosi, per una vita più frizzante”, sorrideva, mentre, nel ripetere questa frase, ravvivava con le dita i suoi riccioli, una volta di un bel rosso ramato ad incorniciare il verde dei suoi occhi.
Che donna, Lella. Mia zia.
L’indipendenza e l’ostinazione me le hai insegnate tu.
“That it will never come again is what makes life so sweet.”
("Che non potrà mai venire di nuovo è ciò che rende la vita così dolce.")
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