Trent’anni fa la visita di Giovanni Paolo II a Troia – Discorso e video
News - Maggio 2017 |
VISITA PASTORALE IN PUGLIA
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA POPOLAZIONE DI TROIA DAVANTI ALLA CATTEDRALE
Troia - Lunedì, 25 maggio 1987
Ringrazio anzitutto il vostro Vescovo, Monsignor Raffaele Castielli, per le amabili parole, che ha voluto rivolgermi in questa felice occasione della mia breve pausa nella vostra città. Desidero porgere il mio cordiale saluto al signor Sindaco, alle autorità civili e militari presenti, a tutti i sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, ai padri ed alle madri, ai giovani ed alle giovani, ai bimbi, agli anziani ed agli ammalati.
A tutti il mio affettuoso pensiero e la mia viva riconoscenza!
Nel mio pellegrinaggio apostolico nella Capitanata sono lieto di compiere questa tappa nella vostra città, per incontrarmi con voi, al fine di corrispondere al mio mandato di “confermarvi” (Lc 22, 32) ed incoraggiarvi nella professione della fede cristiana, ed anche per adempiere ad un dovere nei confronti di un venerabile confratello nell’episcopato, cui mi legano vincoli di fraterna amicizia dagli anni dell’inizio del Concilio Vaticano II. Parlo, come avete ben compreso, dell’indimenticabile e compianto vostro Vescovo, Monsignor Antonio Pirotto, che ci ha “preceduto nel segno della fede e dorme il sonno della pace”, le cui spoglie riposano nella vostra bella Cattedrale, nell’attesa della risurrezione.
Ho conosciuto Monsignor Pirotto al Concilio. Egli sedeva fra il Vescovo di Vittorio Veneto, Monsignor Albino Luciani - il futuro Giovanni Paolo I - e me, allora Vescovo Ausiliare di Cracovia. Diventammo profondamente amici. Ammiravo in lui le doti di saggezza, di bontà, di serenità, ma soprattutto il suo indiscusso e vivo “sensus Ecclesiae”, il senso della Chiesa. Accogliendo il suo invito sono anche venuto qui, ad ammirare le bellezze della natura, lo splendore artistico della Cattedrale, ma soprattutto la bontà e la gentilezza degli abitanti.
Sono passati tanti anni. La morte di Monsignor Pirotto non ha fatto diminuire in me il ricordo della sua personalità e della sua testimonianza episcopale, ma anzi ha rafforzato l’intimo legame della nostra spirituale amicizia in Dio.
Sono venuto pertanto come amico e come fratello a pregare sulla sua tomba, per il suo eterno riposo e la sua eterna felicità.
Come ho detto, ho ammirato nel presule scomparso il suo indiscusso e limpido “senso della Chiesa”, che egli ha saputo anche, durante il suo servizio pastorale in mezzo a voi, confermare e rafforzare in questo popolo, che durante il corso dei secoli, nelle complesse ed alterne vicende, spesso drammatiche, che hanno caratterizzato la vita politica e religiosa della vostra antica e nobile città, ha già dato tante volte eloquenti testimonianze di tale fondamentale dimensione per la vita del cristiano.
- Possedere e vivere il senso della Chiesa significa anzitutto credere nel Dio rivelato da Gesù Cristo e proclamato dalla Chiesa.
Siate legittimamente fieri del dono della fede, che il Signore vi ha dato e che i vostri padri hanno conservato e vi hannotrasmesso, pur in mezzo talvolta a gravi difficoltà, con encomiabile generosità: custodite gelosamente questa fede come il grande tesoro prezioso che non deve essere intaccato minimamente e tanto meno perduto o distrutto! Se nel passato l’esercito saraceno ha cercato di privarvi di tale bene e si è trovato di fronte alla vostra indomita forza per controbattere, anche a costo della vita, tali tentativi, oggi possono esistere, ed esistono di fatto, altri pericoli, tentazioni non di rado striscianti, quali certe ideologie di ispirazione materialistica o consumistica e comportamenti, propagandati dagli strumenti della comunicazione sociale, che inculcano una mentalità se non anticristiana, per lo meno indifferente nei confronti dei massimi problemi dell’esistenza e della visione cristiana della vita e della storia.
Occorrono i necessari antidoti a questo continuo pericolo di sottile avvelenamento delle intelligenze e dei cuori! Bisogna impegnarsi sempre più e sempre meglio in un approfondimento personale e comunitario del messaggio cristiano in tutte le sue articolazioni ed esigenze, mediante una costante catechesi, che coinvolga i fedeli in tutte le tappe della loro esistenza.
Per credere e per seguire, come discepoli, Gesù di Nazaret Figlio di Dio, Signore, Messia, Redentore dell’umanità, occorre prima conoscerlo in una riflessione continua sulla sacra Scrittura e, in particolare, sul Vangelo, in cui egli ci parla in prima persona per presentarci la sua personalità, il suo messaggio, le sue pretese, i suoi miracoli, la sua passione morte-risurrezione, cioè il “mistero della sua identità”.
Sarà forse necessario procedere - a motivo delle profonde trasformazioni di carattere culturale e sociale - ad una vera e propria rievangelizzazione per ridire e proclamare alla società contemporanea il Vangelo di Cristo in tutta la sua interezza.
- Possedere e vivere il senso della Chiesa significa conoscere, amare la Chiesa e “sentire cum Ecclesia”.
Conoscere ed amare la Chiesa, che è “in Cristo come un sacramento e segno e strumento dell’intima unione con Dio edell’unità di tutto il genere umano” (Lumen Gentium, 1); che è quell’ovile, la cui porta unica e necessaria e il cui pastore buono è Cristo (Gv 10, 1-10); che è il podere o il campo di Dio, in cui Cristo è la vera vite, che dà fecondità a noi che ne siamo i tralci (Gv 15, 1-5); che è il Corpo di Cristo, nel quale la vita di Cristo si diffonde nei credenti mediante i sacramenti della fede; che è il nuovo Popolo di Dio, Popolo che ha “per capo Cristo . . ., per condizione la dignità e la libertà dei figli di Dio, nel cuore dei quali dimora lo Spirito Santo come in un tempio; per legge il nuovo precetto di amare come lo stesso Cristo ci ha amati; per fine il regno di Dio” (cf. Lumen Gentium, 9).
Di questa Chiesa siamo membra e figli; da questa Chiesa siamo stati generati alla vita soprannaturale nel battesimo, che ci ha incorporati a Cristo. Questa Chiesa dobbiamo pertanto amare come nostra madre, perché “non può avere Dio per Padre chi non ha la Chiesa per Madre” (San Cipriano, De catholicae Ecclesiae unitate, 6 - CSEL 3, 1, 214).
Madre e Maestra, dobbiamo filialmente e docilmente ascoltarla in quello che essa ci dice, ci trasmette e ci insegna mediante il magistero del successore di Pietro, principio e fondamento perpetuo e visibile dell’unità della fede e della comunione ecclesiale, e dei Vescovi, che per divina istituzione sono succeduti al posto degli apostoli, quali pastori della Chiesa; chi li ascolta ascolta Cristo; chi li disprezza disprezza Cristo e colui che ha mandato Cristo (cf. Lc 10, 16). Il cristiano autentico è sempre in sintonia con il magistero della Chiesa; lo accoglie, e, con la grazia di Dio, lo attualizza nelle molteplici circostanze della vita quotidiana. Questo significa “sentire cum Ecclesia”!
Affido tali miei voti al cuore materno di Maria santissima e a tutti voi ed ai vostri cari imparto la benedizione apostolica.
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Giovanni Paolo II in questo suo memorabile discorso tenuto davanti alla nostra storica cattedrale, ebbe a dire, utilizzando un termine calcistico, che per le visite dei papi “Troia batteva Lucera 6 a 1”; infatti, in quella stessa giornata Lucera era stata onorata per la prima volta nella sua millenaria storia dalla visita di un papa, Giovanni Paolo II per l’appunto, e che a Troia, sommando anche la visita dello stesso pontefice, i papi ivi fermatisi erano stati complessivamente sei. I precedenti cinque Papi furono: Benedetto VIII, Urbano II, Pasquale II, Callisto II e Onorio II, indicati nella lapide apposta nel 1997 vicino alla fonte battesimale (vedere foto a lato).
Video della visita di Papa Giovanni Paolo II a Troia
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